Multifuel Stoves
Ricerca:
Stufe a policombustibile, perché sceglierle

Le stufe a multicarburante rappresentano un’interessantissima novità nel panorama delle stufe perché hanno determnate caratteristiche che le fanno essere versatili e ci permettono anche d risparmiare denae senza correre il rischio di rimanere senza combustibile per riscaldare i nostri ambienti.

Una stufa a policombustile, come dice la parola stessa, presenta un particolare impianto con il quale è possibile alimentare la stufa stessa con numerosi combustibili che vanno dalla legna ai tronchetti, dal carbone al pellet fino ai semi di girasole: in questo modo è possibile scegliere il combustibile che in quel momento è in offerta, il combustibile che abbiamo disponibile e evitare così di rimanere senza.

Scegliere la tipologia di stufa a policombustibile significa risparmiare sensibilmente nel combustibile, ridurre l’impatto ambientale e garantirsi un riscaldamento ottimale nella propria abitazione, senza dispersioni energetiche e con una diffusione e distribuzione omogenea del calore in tutti i locali abitati. Per scegliere però, la tipologia di stufa a policombustibile che più si adatta alle nostre esigenze di riscaldamento è necessario conoscere il funzionamento della stufa stessa, i suoi vantaggi nella produzione del calore, i suoi costi e le potenzialità caloriche.

I vantaggi di scegliere una stufa a policombustibile

La tipologia di stufa a policombustibile presenta numerosi vantaggi che sono insiti alle sue potenzialità come impianto di riscaldamento:

  • possibilità di utilizzare numerosi combustibili;
  • non rimanere mai senza combustibile;
  • risparmiare sul combustibile, scegliendo quello che nel momento è in offerta o presenta un prezzo inferiore;
  • scegliere la potenza calorica che più si adatta alle nostre esigenze, grazie anche al combustibile;
  • design perfettamente adattabile ad ogni stile di arredamento, spazio e dimensione degli ambienti;
  • può essere allacciata ad un sistema centralizzato di riscaldamento, come i termosifoni;
  • necessita di una canna fumaria per lo scarico fumi con la possibilità di utilizzare il condotto del camino tradizionale.
Stufe a pellet: cosa sono

Le stufe a pellet si sono, nel tempo, trasformate in un oggetto sempre più diffuso nelle abitazioni delle persone. Anche in Italia sono sempre di più le famiglie e le aziende che le utilizzano per riscaldare i loro ambienti.
La stufa a pellet[1] è un apparecchio simile alla stufa a legna, adibita al riscaldamento di ogni tipo di ambiente, che utilizza come combustibile solido il pellet. È considerato un prodotto ecologico poiché per ottenere il pellet vengono di norma utilizzati gli scarti di lavorazione del legno. In altri termini non sarebbe quindi necessario l’abbattimento di nuovi alberi per la produzione del pellet nel caso in cui il consumo non superi la quantità di scarti di lavorazione del legno.
Le differenze principali rispetto alla stufa a legna sono le seguenti:

  • necessita di un collegamento alla rete elettrica come un comune elettrodomestico;
  • funziona in maniera automatica, accendendosi tramite una resistenza elettrica e ha un’autonomia di funzionamento in base alla capacità del proprio serbatoio di pellet;
  • ha una canna fumaria di misure ridotte (diametro da 80 mm a 100 mm);
  • funziona a tiraggio forzato cioè una ventola situata all’interno della stufa provvede a estrarre verso la canna fumaria i fumi o residui di combustione prodotti dalla combustione stessa.
  • è di facile manutenzione eliminando il trasferimento del combustibile dalla legnaia all’abitazione e perché, se installata correttamente, non ha fuoriuscite di fumo all’interno dell’ambiente di utilizzo in quanto lavora in depressione. Sono ora in produzione anche delle stufe a pellet completamente ermetiche rispetto all’ambiente di installazione: prelevano l’aria direttamente dall’esterno e non dal locale dove sono situate, utilizzabili nelle moderne case passive dove è fondamentale l’isolamento termico verso l’ambiente esterno.
  • se è una stufa canalizzata, i muri degli altri ambienti ove non sia presente la stufa, sono dotati di una o più bocchette per l’uscita dell’aria calda. Questo sistema è utile per riscaldare tutti i locali senza dover impiegare altri sistemi poiché possono aumentare i consumi dell’energia elettrica, come in una casa grande.
  • La struttura è simile a una stufa tradizionale e ha un vano o serbatoio, di solito con carica dall’alto, che contiene il pellet da bruciare. Esso può avere una capienza che parte da quindici e può arrivare fino a sessanta o più chilogrammi a seconda del modello di stufa. All’interno vi è una vite infinita o coclea che trascina il pellet dal serbatoio all’interno del braciere dove il combustibile viene bruciato grazie alla presenza di una resistenza elettrica che, diventando incandescente nella fase di avvio, innesca la fiamma.

Il calore prodotto viene diffuso nell’ambiente sia per convezione naturale sia ad aria forzata con una o più ventole che contribuiscono a distribuire l’aria calda negli ambienti attigui. In alcuni modelli è anche possibile incanalare l’aria calda in piccole condotte e posizionare una o più bocchette per canalizzare il calore in altri vani. I modelli più recenti sono dotati di un cronotermostato che permette di programmare orari di accensione e spegnimento in automatico, la velocità della ventola per l’aria calda forzata e i gradi di temperatura desiderati. Il calore prodotto è misurato in kilowattora (kWh) (un kilowattora corrisponde a 859,8 kcal o 3,6 MJ). La potenza di ogni singolo modello (misurata in kilowatt) è commisurata in base alla dimensione della stufa, alla quantità di pellet bruciato, alla regolazione impostata dall’utente. Anche il tipo di pellet utilizzato può incidere sulla resa calorica della stufa.

Lo scarico dei fumi derivanti dalla combustione avviene con un tubo di diametro variabile anch’esso a seconda del modello, da 8 a 10 cm di diametro. La tubazione deve essere in materiale resistente alle temperature di esercizio, agli acidi e alle eventuali condense prodotte dalla combustione, in Italia secondo le norme UNI si prescrive l’acciaio AISI 316.

La stufa necessita di una pulizia ordinaria del braciere e del cassetto cenere (se presente) da effettuare con frequenza variabile a seconda dell’utilizzo in termini di tempi di funzionamento e di potenza impostata e del tipo di pellet impiegato, la pulizia va fatta con l’aspiracenere, la pulizia del vetro della stufa dai residui di cenere, richiede prodotto speciale adatto a tale vetro; inoltre richiede pulizia più approfondito almeno una volta all’anno, ma anche più spesso in base al modello e all’utilizzo. Potrebbe essere necessario l’intervento di un tecnico per questa operazione.

Per non dimenticare le procedure di pulizia e non saltare nemmeno un passaggio è molto utile realizzare una sorta di brochure calendarizzata. Può essere stampato facilmente su un sito di web to print in pochi passaggi.

Esistono stufe a pellet ricoperte di ceramica o rivestite in acciaio. La ceramica non scotta e mantiene a lungo il calore, mentre l’acciaio può raggiungere temperature elevate ma si raffredda molto più in fretta. Esistono altresì modelli di stufe a pellet dedicati al riscaldamento dell’acqua per i radiatori. In tali prodotti sono presenti all’interno scambiatori di calore in cui è presente l’acqua che una volta riscaldata circolerà nell’impianto dei termosifoni. È inoltre possibile far coesistere questo tipo di stufa e un’altra fonte di calore (es. una calderina a gas) in modo che funzionino alternativamente.

Breve storia del riscaldamento domestico

Oggi siamo abituati a trovare la casa calda. E, in molti casi, non ci chiediamo se il riscladamento sia tradizionale, ossia a metano con termosifoni, oppure realizzato con altri mezzi come le stufe. Eppure una volta, tanto tempo fa, non era così scontato che la casa e gli ambienti dove l’uomo viveva, fossero riscaldati.
Gli Antichi Greci si dotarono di impianti di riscaldamento, facendo passare l’aria calda prodotta da una fornace negli spazi sotto il pavimento fino a dei bocchettoni nel muro. Questi sistemi sono noti col nome di “ipocausto”. Sistemi simili sono stati documentati in Corea, chiamati “ondol”, al tempo dei Tre Regni (37 a.C. – 668 d.C.).

L’ipocausto è rimasto in uso nel bacino del Mediterraneo per molti anni del Basso Medioevo. Nel XII secolo, alcuni ingegneri in Siria realizzarono impianti più avanzati, nel quale l’aria calda veniva trasferita attraverso dei condotti nel pavimento. Questo sistema venne largamente adottato nei bagni pubblici di tutto il mondo islamico medioevale.

Nel XIII secolo i monaci cistercensi re-introdussero il riscaldamento centralizzato nell’Europa cristiana usando acqua prelevata dal fiume scaldata da fornaci a legna. Il monastero di Nostra Signora della Ruota (fondato nel 1202) sul fiume Ebro nella regione dell’Aragona (Spagna) è un ottimo esempio di tale realizzazione.

Verso il 1700 gli ingegneri russi avevano iniziato a usare l’acqua per gli impianti di riscaldamento. Il Palazzo d’Estate (1710-1714) di Pietro il Grande a San Pietroburgo è il miglior esempio di questa tecnologia. Appena più tardi, nel 1716, viene usata l’acqua anche in Svezia. Il passaggio all’applicazione industriale avvenne in Francia quando Jean Simon Bonnemain (1743-1830) adottò questa tecnica per una cooperativa costruita a Château du Pêcq, vicino a Parigi.

Angier March Perkins sviluppò e installò alcuni dei primi sistemi a vapore negli anni attorno al 1830. Il primo fu installato nella casa del Governatore della Banca d’Inghilterra John Horley Palmer per consentirgli di far maturare l’uva nel freddo clima inglese.